C'era una volta un mondo in cui le notizie sui giornali urlavano sempre di cose incredibili, sconvolgenti, assurde, pazzesche. Era un mondo in cui ogni giorno una nuova polemica infiammava i luoghi della socialità collettiva, dai bar ai social network, un mondo polarizzato, diviso in tifoserie, dominato dal sarcasmo, dalle reazioni istantanee, dalla polemica, dalla furia, dalla morbosità. In quel mondo, i sentimenti primari e gli istinti più bestiali come la paura, la rabbia, l'indignazione o il terrore venivano creati dai principali giornali per attirare l'attenzione delle persone con titoli ingannevoli, urlati e shoccanti. L'attenzione della gente, in quel mondo, era una merce di scambio. Veniva accumulata dai giornali e venduta agli inserzionisti della pubblicità, che versavano loro in cambio i soldi che servivano per tenerli a galla e farli sopravvivere. Poi, un giorno, alcune donne e alcuni uomini che lavoravano per quei giornali, stanchi di ingannare chi li leggeva e stufi di parlare soltanto delle cose che venivano loro dettate dall'agenda di chi metteva i soldi, ovvero della pubblicità, decisero che le cose si potevano fare in modo diverso e che era il momento di provarci. Fu così che, in tanti luoghi diversi del mondo, senza nemmeno sapere dell'esistenza gli uni degli altri, quelle donne e quegli uomini crearono dei giornali nuovi, liberi, senza pubblicità e senza padroni che decidessero al posto loro di cosa parlare, giornali che avevano al centro i propri lettori e che non urlavano più. Attorno a loro, piano piano, si crearono delle comunità di persone che divennero sempre più grandi. Le prime lettrici e i primi lettori, finalmente coinvolti nel giornalismo che leggevano, ne parlarono ai loro amici, ai loro parenti, ai loro conoscenti e sempre più persone iniziarono a frequentare quei luoghi virtuali e fisici che si creavano intorno a quei nuovi giornali. E alla fine…Alla fine cosa successe? Ancora non sappiamo come andrà a finire